Nel diritto romano e nella lingua latina, la parola provincia
Venne governata da un funzionario preposto detto “provinciale” la cui subalternità trapassò nell’aggettivo omonimo in uso oggi con una sfumatura negativa.
Non solo nel diritto e nelle consuetudini civili. Anche per un ordine religioso la provincia fu la circoscrizione geografica inglobante più conventi e si chiamò provinciale il superiore eletto da un organo maggiore in un capitolo generale.
In entrambe le sfere tale figura ha attraversato i tempi fino alla nostra epoca.
Un periodo storico significativo
Nella prima metà del quattrocento – qui faccio riferimento a un’epoca di gran sviluppo civile e religioso (di cui ho scritto in un libro una ventina di anni fa*) – la provincia dei Servi di Maria di Toscana, come le altre, si legò a due fattori importanti e intuitivi, poco studiati: i viaggi e l’ospitalità concessa ai frati itineranti unicamente nelle case dell’Ordine.
In particolare, grazie a tale accoglienza, la quasi totalità dei frati visse con unità di intenti i capitoli, cioè le assemblee generali e provinciali nelle quali espresse il modo di intendere la propria esistenza, la vita della Chiesa e come fare ad affrontarne le crisi economiche e teologiche.
Oltre a ciò ebbe a supporto le Costituzioni, specialmente quelle che sono dette Nuove, ricordate il 15 giugno 1402 a Firenze quando un ser Gerardo fecie l’embreviature delle costituzioni nel tempo del chapitolo. E che nel 1405 furono sotto la custodia del sagrestano fra Bastiano di Ambrogio, addetto pure a restaurare il supporto cartaceo, se sciupato.
In più univa allora i frati una rinnovata devozione per San Filippo Benizi († 1285), detto santo senza esserlo in senso stretto (sarà canonizzato nel 1885). Nel giugno del 1403 il predicatore fra Angelo di Iacopo scrisse la sua Legenda (o la ricopiò dall’originale) e la inviò al convento di Todi. Nell’inventario delle cose rimaste del p. maestro Michele Pucci, morto nel giugno 1441, troviamo anche una iconetta con sopra dipinti San Girolamo, Sant’Agostino e San Filippo, indicante i santi a cui il dotto maestro e i frati si ispiravano nel cammino di fraternità.
La Provincia di Toscana
La SS. Annunziata fu inserita con ruolo prioritario nella divisione regionale dell’Ordine. Il provinciale della Toscana aveva dei quartieri propri nel convento. Il suo incarico durava di norma tre anni e non era da considerarsi (solo) un ‘premio’ per la lealtà dimostrata. Aveva compiti precisi: osservare e far osservare le suddette Costituzioni, dare le richieste autorizzazioni ai priori, o avallarne le condanne, aiutare economicamente a “vestire” i giovani (a entrare nell’Ordine), e soprattutto visitare i conventi soggetti tre volte l’anno, almeno idealmente, perché nel quattrocento, secolo di guerre e di pericoli, la visitazione appare compiuta meno di frequente.
In altre parole il provinciale compiva una vera e propria ispezione su beni, finanze e necessità dei conventi, con una sua propria amministrazione, oggi poco o per nulla documentata. Per mantenerla e mantenersi riscuoteva una tassa dalle case religiose e pagava altra tassa (circa 15 fiorini l’anno) al padre generale dell’Ordine per i bisogni di questa seconda struttura gerarchica.
E quando dopo il necessario viaggio il provinciale raggiungeva i conventi con i compagni (ma anche se era alla SS. Annunziata e doveva far solo qualche centinaio di metri), riceveva con i compagni la foresteria, cioè alloggio e vitto in ambienti separati, le cure se malato, e il nutrimento per il cavallo suo e degli accompagnatori. Nel coadiuvare i priori teneva poi costanti relazioni con il padre generale dovunque fosse residente, e partecipava di diritto ai capitoli generali. Un buon numero di frati corrieri pertanto viaggiò per le strade di Toscana e d’Italia da un convento all’altro o da un’autorità all’altra in epoche nelle quali non esistevano i mezzi pubblici da utilizzare e l’ospitalità, come dicevamo, doveva essere per forza la propria.
Il capitolo provinciale
La riunione annuale dei frati della Provincia toscana si teneva periodicamente in uno dei vari conventi della regione fisica che era più ampia del territorio delle repubbliche in essere. Veniva annunciata con lettera portata a mano dal corriere qualche mese prima per organizzare al meglio il viaggio. Raccoglieva i rappresentanti di Siena, Montepulciano, Cortona, Pisa, Lucca, Pistoia, Prato, che erano i conventi maggiori e il numero dei partecipanti, priori e discreti eventuali, era proporzionale alla loro grandezza. I conventi più piccoli inviavano solo il priore. La SS. Annunziata mandava il priore e quattro discreti, il convento di Siena, un priore e due discreti. Per le spese – vitto e alloggio – ciascuna comunità dava il suo sussidio che era fisso per persona (un fiorino). Vi si aggiungevano i doni dei laici e degli enti pubblici: cose (letti, paglia) o un sussidio a fondo perduto perché i frati del capitolo potessero dimorare nel luogo scelto senza troppi disagi.
Non passa inosservato infatti come nei registri medievali di molti comuni si trovino spesso tali elemosine, date volentieri e giustificate dalla stima in cui erano tenuti i religiosi per la preghiera a favore delle località e delle istituzioni e quindi per la saldezza della società nelle precarie contingenze.
Priori provinciali di Toscana nella prima metà del quattrocento (leggendo la cui provenienza si può vedere quali fossero i maggiori conventi della provincia):
1401 fra Angelo da Siena; 1402 fra Giovanni Baronto da Pistoia; 1404 fra Angelo da Siena; 1407 fra Andrea di Giovanni fiorentino; 1410 fra Pietro Silvestri fiorentino; 1414 fra Taddeo di Guido dei Salvani da Siena; fra Filippo da Firenze; 1419 fra Marco di Gherado da Firenze; 1422 fra Luca da Montepulciano; 1425 fra Michele di Alessandro Pucci; 1428 fra Simone di Gregorio; 1431 fra Giovanni Meocci del Terma da Siena; 1434 fra Luca da Prato; 1437 fra Deodato di Lorenzo Mengozzi; 1440 fra Mariano Salvini; 1446 fra Francesco Pieri da Siena ...
Paola Ircani Menichini, 24 gennaio 2025.
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* Vita quotidiana e storia della SS. Annunziata di Firenze nella prima metà del Quattrocento, 2004.
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